Obliquae Imagines nasce da un serrato dialogo con cultori dell’architettura nell’intento di far emergere la rete di connessioni, talvolta evidenti, talvolta nascoste, talvolta addirittura inconsce che costituiscono il caleidoscopio nelle quali affonda le radici il pensiero alla base di ogni progetto delle figure fondamentali della storia recente dell’architettura e dell’arte. Questa forma di pensiero laterale, chiamato da Plinio il Vecchio obliquae imagines per indicare in modo più esteso la prospettiva, è in grado di enfatizzare la “miglior vista” da cui traguardare l’architettura per entrare profondamente nello spirito del suo creatore, fino a scoprirne i nessi più recondi sia con le arti visive che con le tecniche progettuali.
Storicamente i due termini di katàgraphon e di obliquus hanno le loro radici nella legge universale della “miglior visione”, la quale, per definizione, prescinde dalla procedura e dalla mentalità dello scorcio. Ad un certo momento della sua esperienza l’artefice constata a poco a poco che gli oggetti e i corpi non diminuiscono la loro consistenza e il loro volume, anche quando sian disegnati secondo visioni ridotte, cioè di fianco, di sotto, di sopra: le braccia e le gambe mantengono la loro naturale lunghezza all’occhio umano, anche se disegnate raccorciate o piegate; basta che al contorno lineare delle figure si accompagni un facile ed automatico accorgimento chiaroscurale di tratteggio ai margini (già documentato in epoca minoica).